Lunedì 13 Dicembre 2010 Teatro Cinema Garden – Rende
Orario Spettacoli: 18,00 – 20,15 – 22,30
Per info e prenotazioni: tel 3486666373
Xavier Beauvois firma con "Des hommes et des dieux", stentatamente tradotto in "Uomini di Dio", la sua opera più compiuta e complessa.
Trama: il cineasta analizza le dinamiche comunitarie e i tentennamenti profondamente umani degli otto fratelli trappisti del Monastero dell’Atlante in Algeria. Armoniosamente integrati nella realtà del villaggio di Tibhirine (’giardino’ in arabo), ma minacciati dai terroristi che imperversano nella zona, i monaci continuano la vita di sempre.
Forte del magistero dreyeriano e bressoniano, ma senza scadere nell’imitazione, Beauvois scolpisce una messa in scena severa e sobria (colonna sonora tutta diegetica). Il cuore della storia sta nella scelta presa dai monaci di non abbandonare il monastero, consapevoli del pericolo per la loro vita. Il filo del ragionamento è così lucido da stupire: nessuno sfugge alla verità di se stesso e della storia che lo accompagna. Attimi d’infinito che s’intuiscono dietro il velo dello sguardo. Uno di questi è emblematico. Ne è protagonista l’anziano monaco Amédée che, dopo l’irruzione dei terroristi nel monastero, si prende cura del giovane Christophe massaggiandogli le spalle. La scena è nascosta in una carrellata, ma viene esibita nei movimenti simmetrici di andata e ritorno, sottolineandone il prolungarsi. Un gesto senza alcuna pretesa, se non quella della fedeltà, del restare lì in quel contatto finché l’altro, anche solo con il suo silenzio, lo chiede. Un gesto che dice cura del corpo perché è il corpo a tremare e temere, sono le spalle a reggere il peso di una minaccia incombente e di un destino umanamente folle. Momenti governati dalla fede. Tant’è che proprio in questi momenti di maggior intensità, la fotografia allarga i panorami, li colora, li graffia con la luce e li dilata con la profondità dei piani, concedendo alla narrazione filmica di raccontare ciò che le parole tacciono.
Immagini di libertà, ma di una libertà tutt’altro che eroica. La scena finale del vino bevuto in silenzio raccoglie l’alternarsi dei sentimenti: della determinazione, dello smarrimento e, infine, della ritrovata felicità che guarda in faccia alla morte giunta a bussare alla porta. Si potrebbe dire che neppure i monaci possiedono fino in fondo il senso del loro gesto: sanno perché non se ne sono andati, ma non capiscono perché debbano morire. È lo spazio di libertà, il rischio di una scommessa. Con un pudore e un’onestà intellettuale rari, che spinge il regista a optare per un fuori campo eticamente ed esteticamente necessario nella sequenza finale (non conosciamo con esattezza lo svolgimento dei fatti: la corresponsabilità dell’esercito algerino nel massacro è solo presunta), Beauvois presenta un universo di uomini fragili che hanno pascalianamente ’scommesso’, consapevoli che tale scommessa non colmerà mai del tutto l’umano vuoto, l’assenza, il silenzio. Il tutto suggellato da due momenti di puro cinema che tolgono il fiato: il viaggio in auto del monaco più lacerato (in semi-soggettiva) e la lunga sequenza del prefinale. In questa estrema elegia, disincantata e straziante, accompagnata dal "Lago dei cigni" di Tchaikovski e costituita da primissimi piani quasi pasoliniani, si afferma la verità degli uomini, terribilmente soli di fronte alla morte. Eppure nel silenzio assordante ad essere protagonista è il sussurro dell’estrema promessa di Dio, prima della tempesta. Ma serve l’udito della fede per udirlo.




Presto cominceranno i lavori di adeguamento dell’aerodromo di Cuatro Vientos e il Comitato ha deciso il criterio di assegnazione degli spazi, che si può così riassumere: “Quanto prima ti iscrivi, tanto più vicino sarai al Papa”. In altre parole, coloro che per primi completeranno l’iscrizione, effettuando anche il pagamento, potranno stare nei settori più vicini all’area in cui si troverà il Santo Padre, nella Veglia del sabato e nella Messa conclusiva della domenica. In questo modo il Comitato Organizzatore intende ringraziare coloro che, tramite il loro pagamento, contribuiranno a coprire i costi dei lavori di adattamento di Cuatro Vientos, che inizieranno prossimamente. Potrai inoltre beneficiare dello sconto del 5% a cui avranno diritto tutti coloro che si iscrivono prima del mese di marzo.

Allora, ho ascoltato la domanda del ragazzo dell'Acr. La risposta più bella su che cosa significa diventare grandi la portate scritta voi tutti sulle vostre magliette, sui cappellini, sui cartelloni: "C'è di più". Questo vostro motto, che non conoscevo, mi fa riflettere. Che cosa fa un bambino per vedere se diventa grande? Confronta la sua altezza con quella dei compagni; e immagina di diventare più alto, per sentirsi più grande. Io, quando sono stato ragazzo, alla vostra età, nella mia classe ero uno dei più piccoli, e tanto più ho avuto il desiderio di essere un giorno molto grande; e non solo grande di misura, ma volevo fare qualcosa di grande, di più nella mia vita, anche se non conoscevo questa parola "c'è di più". Crescere in altezza implica questo "c'è di più". Ve lo dice il vostro cuore, che desidera avere tanti amici, che è contento quando si comporta bene, quando sa dare gioia al papà e alla mamma, ma soprattutto quando incontra un amico insuperabile, buonissimo e unico che è Gesù. Voi sapete quanto Gesù voleva bene ai bambini e ai ragazzi! Un giorno tanti bambini come voi si avvicinarono a Gesù, perché si era stabilita una bella intesa, e nel suo sguardo coglievano il riflesso dell'amore di Dio; ma c'erano anche degli adulti che invece si sentivano disturbati da quei bambini. Capita anche a voi che qualche volta, mentre giocate, vi divertite con gli amici, i grandi vi dicono di non disturbare... Ebbene, Gesù rimprovera proprio quegli adulti e dice loro: Lasciate qui tutti questi ragazzi, perché hanno nel cuore il segreto del Regno di Dio. Così Gesù ha insegnato agli adulti che anche voi siete "grandi" e che gli adulti devono custodire questa grandezza, che è quella di avere un cuore che vuole bene a Gesù. Cari bambini, cari ragazzi: essere "grandi" vuol dire amare tanto Gesù, ascoltarlo e parlare con Lui nella preghiera, incontrarlo nei Sacramenti, nella Santa Messa, nella Confessione; vuole dire conoscerlo sempre di più e anche farlo conoscere agli altri, vuol dire stare con gli amici, anche i più poveri, gli ammalati, per crescere insieme. E l'Acr è proprio parte di quel "di più", perché non siete soli a voler bene a Gesù - siete in tanti, lo vediamo anche questa mattina! -, ma vi aiutate gli uni gli altri; perché non volete lasciare che nessun amico sia solo, ma a tutti volete dire forte che è bello avere Gesù come amico ed è bello essere amici di Gesù; ed è bello esserlo insieme, aiutati dai vostri genitori, sacerdoti, animatori! Così diventate grandi davvero, non solo perché la vostra altezza aumenta, ma perché il vostro cuore si apre alla gioia e all'amore che Gesù vi dona. E così si apre alla vera grandezza, stare nel grande amore di Dio, che è anche sempre amore degli amici. Speriamo e preghiamo di crescere in questo senso, di trovare il "di più" e di essere veramente persone con un cuore grande, con un Amico grande che dà la sua grandezza anche a noi. Grazie.
Giovanissimi di Azione Cattolica, aspirate a mete grandi, perché Dio ve ne dà la forza. Il "di più" è essere ragazzi e giovanissimi che decidono di amare come Gesù, di essere protagonisti della propria vita, protagonisti nella Chiesa, testimoni della fede tra i vostri coetanei. Il "di più" è la formazione umana e cristiana che sperimentate in AC, che unisce la vita spirituale, la fraternità, la testimonianza pubblica della fede, la comunione ecclesiale, l'amore per la Chiesa, la collaborazione con i Vescovi e i sacerdoti, l'amicizia spirituale. "Diventare grandi insieme" dice l'importanza di far parte di un gruppo e di una comunità che vi aiutano a crescere, a scoprire la vostra vocazione e a imparare il vero amore. Grazie.













