Opportunity, dalla consapevolezza alla cittadinanza attiva

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50° di Sacerdozio di S. Ecc. Mons. Salvatore Nunnari e Mons. Salvatore Bartucci

50° di Sacerdozio di S. Ecc. Mons. Salvatore Nunnari e Mons. Salvatore Bartucci

Il 23 novembre 2014 Papa Francesco canonizzerà il Beato Nicola Saggio da Longobardi

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Ordinazioni Diaconali In Diocesi

29 Giugno ordinazioni Diaconali in Diocesi

Messaggio per la Giornata Mondiale della Gioventù

Papa Francesco: Messaggio per la Giornata della Gioventù.

mercoledì 22 settembre 2010

“Eucarestia, Epifania di Comunione” - Lettera Pastorale di S.Ecc. Mons. Salvatore Nunnari

letterapastoraleFratelli e Sorelle in Cristo,
è con pastorale sollecitudine e con intima gioia che vi annuncio la prossima celebrazione del Congresso Eucaristico diocesano. Nell’indirlo ho avuto il conforto dei vari organismi ecclesiali da me consultati e la piena adesione dei Vicari Foranei. Gli uffici di Curia hanno assicurato la loro disponibilità a predisporre, a livello catechistico, liturgico e pastorale, quanto servirà per la migliore conduzione dello stesso. La celebrazione del Congresso s’inserisce nel nostro itinerario pastorale: anno della Parola, della Liturgia, anno Sacerdotale; eccoci ora al cuore della Chiesa: l’Eucaristia, “vertice e culmine” di ogni cammino. Da essa più motivate, le nostre Comunità eucaristiche accoglieranno il mandato del Risorto: Andate, dunque”. Sarà l’anno della Missione. Ed infine l’Anno Mariano suggellerà il programma che ci siamo proposti di attuare per rendere più ricca e incisiva la nostra azione pastorale. La nostra Chiesa non celebrava tale evento dal 1947 quando il mio venerato predecessore Mons. Aniello Calcara aveva voluto che si celebrasse nella nostra Cosenza a livello regionale. Le cronache ci raccontano che fu un tripudio di fede, che, dopo gli eventi bellici, servì per una rinnovata fiducia per la ricostruzione religiosa, morale e materiale del nostro buon popolo. Questo il tema allora prescelto: Eucarestia-ricostruzione. Nell’indire oggi un nuovo Congresso, ripenso alla mia prima lettera pastorale a voi inviata: La comunione sia la nostra consolazione nella quale affermavo che l’Eucaristia è epifania di comunione. Sono trascorsi ormai cinque anni dal giorno che vivo tra voi l’esperienza singolare del mio servizio episcopale, anni vissuti con grande gioia per un dono offerto e ricevuto, per un amore che neppure le ore difficili hanno mai offuscato. Nella recente Visita pastorale ho potuto constatare come questo dono ci ha fatto crescere in umanità e nella fede. Durante il mio peregrinare tra voi mi sono spesso chiesto, con lo stupore del cuore, da dove provenisse tanta ricchezza di fede e di umanità. Illuminante la risposta che ho trovato nelle parole del Servo di Dio Giovanni Paolo II: La Chiesa vive dell’Eucaristia. Questa verità non esprime soltanto un’esperienza quotidiana di fede, ma racchiude in sintesi il nucleo del mistero della Chiesa. Essa sperimenta con gioia, in molteplici forme, il continuo avverarsi della promessa: “Ecco io sarò con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo” (Mt. 28,20), ma nell’Eucaristia, per la conversione del pane e del vino nel corpo e sangue del Signore, essa gioisce di questa presenza con un’intensità unica. (Ecclesia de Eucharistia n.1). Benedetto XVI raccogliendo l’eredità eucaristica del suo venerato predecessore ci sospinge alla contemplazione del mistero, mediante una crescita interiore verso un’esperienza sempre più consapevole e fruttuosa (Bari, 29 maggio 2005). Si tratta, dunque, di un cammino sempre aperto.
Capitolo I - L’Eucaristia, cuore della Chiesa
L’Eucaristia è cuore della Chiesa, da quando Gesù, seduto a mensa con i suoi discepoli, nella cena «prese il pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: “Questo è il mio Corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me”. E dopo aver cenato, fece lo stesso con il calice dicendo: “Questo Calice è la nuova alleanza nel mio Sangue, che è versato per voi”» (Lc 22,19-20). A quella cena si rifà l’esperienza esemplare della prima comunità ricca e inquieta di Corinto (Cfr. I Cor. 11,17-34). La Didachè (9,4) e Giustino (Apol. 67) poi testimoniano il peso e il ruolo dell’Eucaristia già nella vita della Chiesa primitiva. Ammirabili le espressioni di S. Agostino quando dinnanzi ad essa, con cuore stupito e accento lirico, esclama: “O Sacramento di bontà, o segno di unità, o vincolo di carità: chi vuol vivere ha qui dove vivere, ha qui di dove attingere la vita”. (Tract. in Ioan, 26,13). Nei documenti del Concilio Vatica¬no II è raccolta e ripresentata tutta la ricca tradizione del mistero e si afferma che: “La Chiesa continuamente vive e cresce per mez¬zo dell’Eucaristia” (LG.26); “L’Eucaristia da alla Chiesa la sua perfezione” (AG 39); L’Eucaristia introduce ed accende i fedeli nella presente carità di Cristo” (SC 10). Mi piace, inoltre, affermare con S. Tommaso d’Aquino che “Nella Santissima Eucaristia è racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa” (Summa Teologica III q. 65 n 3). I Martiri di Abitene l’avevano ben compreso da gridare così la loro fede: “Senza la domenica non possiamo vivere”. Non lo dicono, ma lo vivono anche tanti nostri fratelli e sorelle, soprattutto i semplici che, partecipando alla celebrazione eucaristica, contemplando nell’adorazione il Volto del Signore, vivono nella quotidianità il Mistero celebrato e adorato. Sono loro i silenziosi costruttori delle nostre comunità. Non fanno cronaca, ma scrivono una storia d’amore nelle piaghe nascoste del nostro tempo e della nostra società dispersa. Per questo motivo, è doveroso ricordare, tra questi silenziosi costruttori, quanti nella sofferenza, sostenuti dal Pane vivo ricevuto sul letto del dolore, ci aiutano, loro che sono infermi, a restare saldi nella fede e a camminare nella via del Signore. Una formula teologica, diventata oggi un luogo comune senza essere compreso appieno, afferma che “l’Eucaristia fa la Chiesa e la Chiesa fa l’Eucaristia”. In che senso l’Eucaristia fa la Chiesa? Mi soffermerei un istante a richiamare con semplicità che cosa l’Eucaristia è: essa celebra, ripropone, rende efficacemente presente il sacrificio della croce a partire dal quale la Chiesa è nata ed esiste. La Chiesa nasce con particolare evidenza dalla Croce e per essa dall’Eucaristia, come una e santa, cioè come mistero di comunione con Dio e tra quanti vengono radunati dall’amore di Cristo: “Congregavit nos in unum Christi amor”; “Io quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me”. (Gv 12,32). Voglio ancora qui rilevare che, partendo dal sacrificio della croce, l’Eucaristia è il mistero del Corpo di Cristo, del Corpo donato, consegnato per noi, come del Sangue versato, della vita spesa, sigillo dell’alleanza nuova ed eterna. Corpo di Cristo è forse la maggiore immagine neotestamentaria della Chiesa così come la presenta S. Paolo, il quale ebbe questa rivelazione fin dal primo momento della sua chiamata alla fede e alla missione, allorquando il Signore si presentò a lui come “Gesù che tu perseguiti” (Cfr. LG,7). Nella frazione del pane eucaristico, tutti noi, partecipando realmente al Corpo del Signore, siamo elevati alla comunione con Lui e spinti all’amore tra noi. « Poiché c’è un solo pane, pur essendo molti, siamo un corpo solo, noi tutti che partecipiamo all’unico pane » (1 Cor. 10,17); «Così noi tutti diventiamo membra di quel Corpo» (1 Cor. 12,27); “membra ciascuno gli uni degli altri” (Rm 12,3). In che senso, si dice ancora che la Chiesa fa l’Eucaristia? Non certo la fa di sua iniziativa o grazie alle proprie forze, ma vuol dire semplicemente che essa la celebra in obbedienza alla Parola del Signore: “Fate questo in memoria di me”. Gesù, chiedendoci ciò non si limita a comandare di ripetere il gesto da lui compiuto nella Cena, ma esige di rinnovare, partendo da esso. il dono quotidiano della vita cominciato sulla Croce. “Fate questo” si riferisce all’offerta della propria vita (corpo e sangue) come frutto che deve maturare in noi grazie alla partecipazione sacramentale all’Eucaristia che è Corpo offerto e Sangue versato. La Chiesa abbraccia sequela e donazione e in ciò l’Eucaristia fa la Chiesa, rendendola capace della carità, che è poi la Sua anima; la Chiesa, inoltre, fa l’Eucaristia non solo celebrandola nel rito, ma compiendo e vi¬vendo questa verità nell’esistenza concreta. Alla luce di queste considerazioni, si comprende sempre meglio come l’Eucaristia sia il dono della Chiesa, l’immenso dono offertole da Gesù. Le nostre Comunità vivono di essa, da essa vengono continuamente generate. Infatti, è proprio intorno alla mensa nel giorno del Signore che esse manifestano l’immagine che più si addice loro. Celebrandola, imploriamo, allora ogni volta, il dono della Comunione che distingue le comunità dei discepoli del Signore da tutte le altre forme di aggregazione.
Capitolo II - L’Eucaristia crea ed educa alla comunione
La comunione che imploriamo è quella trinitaria, la Chiesa è dono della Trinità Santa che comunica nel tempo il mistero del suo amore capace di creare relazioni nuove e di offrire un’immagine della Chiesa nella storia. Come ben si può comprendere la comunione di cui parlo si riferisce ai beni invisibili che scaturiscono dalla vita Trinitaria, essi vengono donati a noi dal Risorto e, attraverso l’azione dello Spirito, raggiungono menti, volontà e cuori per una nuova umanità. E’ urgente, dunque, che i discepoli del Signore si aprano all’accoglienza e le nostre comunità diventino il grembo fecondo visitato dalla potenza di Dio che vuole formare la Sua famiglia, luogo dove ci si educa ad un nuovo modo di stare insieme. “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli se avete amore gli uni per altri” (Gv. 13,34). L’essere cristiano è un essere con: con il Padre, in Cristo, per lo Spirito Santo e con tutti i fratelli (cfr I Gv. 4,11-21). L’essere Chiesa-comunione ci dice l’impegno a stare insieme, pregare insieme, lavorare insieme, camminare insieme (Cfr Ignazio Martire a Policarpo 6,1). Mi domando, conoscendo bene alcune situazioni delle nostre comunità, ci può essere posto nella Chiesa per le fratture, le separazioni, le rivalità e gli individualismi? «Da che cosa derivano le guerre e le liti che sono in mezzo a voi? Non vengono forse dalle vostre passioni che fanno guerra nelle vostra membra?» (Gc 4,1).
La fraternità comporta la sconfitta del nostro orgoglio, il superamento delle discriminazioni sempre facili e aprioristiche, il dialogo come stile di vita, lo sforzo e la fatica di ricercare insieme, senza prepotenze e senza impazienze. Implica ed esige anche la libertà, cioè la possibilità per ogni credente nel cui cuore abita lo Spirito Santo, di rispondere alla propria autentica vocazione, (Cfr Gal 5,1). Molto significativo quanto ha scritto Giovanni Paolo II: “l’Eucaristia crea comunione e educa alla comunione.
San Paolo scriveva ai fedeli di Corinto mostrando quanto le loro divisioni, che si manifestavano nelle assemblee liturgiche, fossero in contrasto con quello che celebravano”. (Ecclesia de Eucharistia, 40).
Capitolo III - Il sacerdote ministro dell’eucaristia e uomo di comunione
In quest’ora non facile per il nostro ministero e la nostra storia è illuminante quanto scriveva S. Giovanni della Croce: “Conosco bene la fonte che zampilla e scorre ...benché sia notte”. Siamo nati con l’Eucaristia e viviamo, come ogni battezzato, della comunione eucaristica con il Signore. Benedetto XVI, richiamandoci a questa realtà, ha affermato che « Non ci si può accostare quotidianamente al Signore, pronunciare le tremende e stupende parole: Questo è il mio Corpo, questo il mio Sangue, non si può prendere tra le mani il Corpo e il Sangue del Signore, senza lasciarsi afferrare da Lui, senza lasciarsi conqui¬stare dal suo fascino, senza permettere che il suo amore infinito ci cambi interiormente». S. Gaudenzio di Brescia afferma che nella SS.ma Eucaristia “è Cristo che immolato ricrea, creduto vivifica, consacrato santifica i consacranti”. (Trat. 2). Come è appropriata ed esigente questa verità! Consacranti, siamo santificati dal consacrato. “Appare così chiaro che il nostro sacerdozio ministeriale comporta un legame profondo con Cristo che ci ha donato l’Eucaristia. Che la celebrazione dell’Eucaristia sia veramente il centro della nostra vita Sacerdotale, allora essa sarà anche il centro della nostra missione ecclesiale”. (Benedetto XVI, Discorso 18.3.09). Fratelli miei, dobbiamo essere sempre più convinti che l’Eucaristia è per noi scuola di vita nella quale il sacrificio di Gesù sulla croce deve insegnarci a fare di noi stessi un totale dono ai fratelli. La nostra esistenza eucaristica che traduce nella vita concreta i messaggi stimolanti e i ricchi doni dell’Eucaristia celebrata, è tale solo se sostenuta da una spiritualità eucaristica. Dall’altare al Tabernacolo per contemplare il mistero celebrato. Scriveva il Card. Martini che «la celebrazione stessa nel ritmo concreto dei riti in cui si articola, descrive una suggestiva strada verso l’adorazione». (Attirerò tutti a me, n. 79). La celebrazione quindi va presentata ed impostata in modo da educare i nostri fedeli e tale da esprimere un collegamento più diretto dei vari momenti della vita con il Sacrificio pasquale ed eucaristico di Cristo. E’ ovvio che quest’esperienza suppone una celebrazione viva, un rito eseguito con dignità, la cui trasparenza divina verso il mistero non sia offuscata da un’esecuzione sciatta e frettolosa. Dobbiamo anche convenire che i momenti celebrativi e contemplativi non esauriscono la spiritualità eucaristica; se è vera spiritualità essa ispira la vita, conforma i giudizi, orienta i comportamenti. Come scrivevo nella mia prima Lettera pastorale: «Il Mistero Eucaristico deve essere ritrovato, adorato e celebrato: nella preghiera, nella rinnovata cura liturgica, nella riscoperta del Giorno del Signore. Ma deve essere ritrovato, adorato e celebrato nel mistero esigente di quella comunione che la lettera apostolica Mane Nobiscum Domine ci ricorda dover essere gerarchica e fraterna». Cari confratelli, voglio ricordare a voi e a me stesso che la nostra prima forma di comunione è quella che viene direttamente dall’Ordine Sacro e crea la comunità del presbiterio. E’ il vincolo dell’Ordine Sacro che, configurandoci indelebilmente a Cristo, capo della sua Chiesa, fa di noi una comunità sacerdotale organicamente strutturata, fraternamente unita, mirabilmente compaginata dall’amore indefettibile del Signore Gesù. So bene che è il Vescovo il centro unitario e il responsabile primo di questa comunione sacerdotale. Ma come posso con le mie deboli forze e con le mie colpevoli deficienze, assicurare da solo l’unità della comunione presbiterale senza la comprensione, l’impegno, la ricerca continua e reciproca di tutti? E’ per questo che chiedo con determinazione una fattiva collaborazione per costruire nella concretezza di ogni giorno la fraternità sacerdotale. Sacerdoti carissimi, se volete realizzare voi stessi, dovete essere uomini di Chiesa e cioè uomini di comunione. Uomo di Chiesa è il prete poiché sa stabilire una vera, profonda, virile e soprannaturale comunione con il Vescovo, con i confratelli al fine di eliminare la reciproca sfiducia che spesso abbiamo gli uni verso gli altri: questo continuo dividerci, questo non sopportare né da una parte né dall’altra il colloquio e il dialogo, questo non accettare il contributo di tutti, ma essere soltanto disposti ad accogliere e far valere il nostro punto di vista. Nelle difficoltà presenti accogliamo la testimonianza che la storia ci consegna di sacerdoti santi e santificatori che hanno illuminato il cammino della nostra Chiesa e delle Chiese di Calabria. Nomi e storie a noi ben noti: dal Santo Gaetano Catanoso; ai Servi di Dio Don Mottola, Don Mauro, Don Greco, Don De Cardona, Don Vitetti a cui vanno accomunati Vescovi dalla vita santa come Mons. Faggiano, Mons. Moietta, Mons. Castrillo e Mons. Ferro. La visita pastorale ha ritemprato il mio spirito per la conoscenza più diretta e personale di tanti di voi, per il vostro impegno pastorale e la passione sacerdotale. Tuttavia, c’è ancora tanta solitudine che incide sulla mancanza di una pastorale d’insieme. E’ segno di speranza però la rivitalizzazione dei vicariati foranei che ho avuto la gioia d’incontrare e di aiutare nella fatica dell’impegno missionario, al fine di superare una pastorale di contenimento per andare verso un modello più aperto e attento al mondo che cambia. Va, perciò, incoraggiata e accompagnata questa ripresa e sollecitata in qualche zona pastorale che ancora fa fatica a ritrovarsi fraternamente. Concludo questo capitolo esortando voi sacerdoti ad essere uomini di comunione con i laici, coloro che dialogano con essi, li ascoltano e li comprendono. Prima che nostri collaboratori sono corresponsabili nella conduzione pastorale della nostra diocesi e delle nostre parrocchie.Dall’insegnamento che viene dal Concilio e in particolar modo dalla Presbyterorum Ordinis siamo invitati a vivere il nostro ministero da fratelli, animatori e guide della comunità. Dalla comunità-Chiesa il nostro servizio di comunione si estenda a tutti gli uomini perché a tutti siamo mandati in una prospettiva universale, per offrire la salvezza operata da Cristo, per la riconciliazione di tutta l’umanità.
Capitolo IV - L’Eucaristia domenicale evento centrale della vita della Chiesa
La celebrazione della domenica è per la Chiesa un segno di fedeltà al Suo Signore. Sempre attraverso i secoli, il popolo cristiano ha circondato di speciale riverenza e ha vissuto in intima profonda letizia questo sacro giorno. La Chiesa infatti l’ha ricevuto, non lo ha creato; esso è per lei un dono; può goderne ma non può né manipolarlo, né cambiarne il ritmo o il senso o la struttura; esso infatti appartiene a Cristo e al suo ministero”. (Nota past. CEI Il Giorno del Signore n. 3). Il dies dominicus è anche il dies ecclesiae, il giorno della Chiesa, il giorno in cui i cristiani si radunano e si riconoscono come ekklesia, individui chiamati dalla dispersione a diventare un corpo solo. Il radunarsi, il convenire è presente fin dall’inizio nella vita dei discepoli del Signore. Su questo tema Enzo Bianchi ci regala una profonda riflessione biblico-patristica: «all’apparire del Cristo Risorto i discepoli sono riuniti insieme (cfr. Le 24,33) e lo stesso avviene alla Pentecoste, (cfr. At. 2,2) i testi lucani di At. 2, 42-47 e 4, 32-35 insistono sulla Koinonia. Nella descrizione della Cena del Signore che si svolge a Corinto (cfr. 1 Cor. 11, 17-34) Paolo parla con insistenza del radunarsi insieme dei cristiani sottolineando l’aspetto comunionale, profondo di questo atto, che è contraddetto da eventuali divisioni e ingiustizie tra i membri della comunità. Il radunarsi dei credenti nel giorno domenicale per l’ascolto della parola di Paolo e per la fractio panis è presente per ben due volte (At. 20, 7-12). La Didachè a questo testo si rifà quando così scrive: “riunendovi nel Giorno del Signore, spezzate il pane e rendete grazie dopo aver confessato i vostri peccati” (XIV, 1) e Giustino in un passo della I Apologia attesta l’usanza per cui nel giorno di domenica “avviene il raduno in uno stesso luogo di tutti quelli che abitano nelle città o nelle campagne, per la Celebrazione eucaristica in comune”. Si coglie chiaramente già nei testi antichi la preoccupazione che nel giorno del Signore la comunità sia radunata e l’esortazione che tutti i cristiani accorrano alla Sinassi. Autorevole e chiaro quanto leggiamo nella Lettera agli Ebrei (10,25): “Non disertate le vostre riunioni come alcuni hanno l’abitudine di fare, ma spingetevi reciprocamente a frequentarle”. Fa eco l’esortazione di Ignazio nella sua Lettera ai Magnesi: “Accorrete tutti come nell’unico tempio di Dio, intorno all’unico altare” (VII,2). “Quale giustificazione potrà presentare a Dio chi non si reca il giorno di domenica in assemblea ad ascoltare la parola di sal¬vezza e nutrirsi del cibo divino che dura in eterno”? (Costituzioni apostoliche, II 59,3). San Giovanni Crisostomo è più lapidario: “Il pasto eucaristico domenicale è un pasto di comunione fraterna. Astenersi da questo pasto è separarsi dal Signore; il pasto domenicale è quello che noi prendiamo insieme con il Signore e con i nostri fratelli”. Alla luce di questa dottrina biblico-patristica come Pastore e guida di questa chiesa sento la responsabilità di offrire alcune pratiche indicazioni pastorali. Sono a ciò sollecitato dall’esortazione rivolta al vescovo dalle Costituzioni Apostoliche: “Quando insegni ordina e persuadi il popolo ad essere fedele nel radunarsi in assemblee a non mancare mai, a convenire sempre per non restringere la Chiesa e diminuire il Corpo di Cristo sottraendosi all’assemblea” (II 59,13). I Vescovi italiani accogliendo questa raccomandazione della Chiesa antica, nel 1984, così scrivevano nella Nota pastorale già citata: “Non diminuire la Chiesa e non ridurre di un membro il Corpo di Cristo con la propria assenza”. (Didascalia degli Apostoli, 27). E con molta praticità asserivano: “Il gruppo o il movimento, da soli, non sono l’assemblea: essi sono parte dell’assemblea domenicale, così come sono parte della Chiesa. Le messe per i gruppi particolari si celebrino di norma non di domenica, ma per quanto è possibile nei giorni feriali; in ogni caso le celebrazioni degli aderenti ai vari movimenti ecclesiali non siano tali da risultare precluse alla comunità”. Le religiose presenti sul territorio parrocchiale contribuiscono alla piena ricchezza dell’assemblea. La loro presenza alla celebrazione è testimonianza e servizio. L’ho potuto notare con gioia nella mia Visita pastorale. C’è ancora qualche resisten¬za con celebrazioni nelle Cappelle private. Rinnovo qui il divieto già esistente in diocesi per queste celebrazioni. Mi rivolgo con l’autorità che ho in campo liturgico anche ai religiosi: che nel rispetto della loro caratteristica presenza nella Chiesa siano nella comunità cristiana qualificati promotori di spiritualità e di educazione liturgica, evitando iniziative non conformi alla normativa canonica e pastorale, collaborino a edificare l’immagine dell’unità e della comunione della comunità cristiana nei giorni festivi. E’ anche necessario riflettere sulla preoccupazione di pastori che per offrire a tutti l’opportunità di assolvere “il precetto festivo” moltiplicano oltre il giusto il numero delle Messe domenicali. Al di là delle buone intenzioni questa prassi risulta di grave pregiudizio alla cura pastorale: provoca un eccessivo frazionamento della comunità, finisce con l’assorbire quasi tutto il tempo e le energie dei sacerdoti. Com’è doloroso per un Vescovo in Visita pastorale dover constatare che le “più messe” in alcune chiese sottraggono i nostri preti alla cura delle zone meno ricche di clero o lontane dal centro. Messe, lasciatemi passare il termine, “concorrenziali” e comunque in contemporanea. E’ invalso l’abuso di celebrare nel giorno del Signore l’Eucarestia nelle Cappelle cimiteriali. E’ un abuso che ha la mia piena disapprovazione perché non aiuta i fedeli a vivere pienamente lo spirito di famiglia parrocchiale. Per meglio manifestare l’aspetto comunitario della S. Messa domenicale, Pasqua della settimana, è bene evitare d’inserire in essa applicazioni particolari, soprattutto in die septimo, trigesimo - che fra l’altro nel calendario liturgico non esistono più, - o anniversario, mentre resta l’obbligo di applicarla pro populo. Ai Vicari foranei è affidato l’impegno di programmare assieme ai Confratelli parroci e Rettori delle chiese, orari e luoghi della celebrazione domenicale. Assieme a questa programmazione resta loro affidato il compito della formazione di quanti esercitano una funzione particolare durante la celebrazione: animatori dell’assemblea, lettori, organisti, direttore del coro, ministranti, addetti al servizio dell’accoglienza. L’ufficio liturgico diocesano offre la sua competenza per l’organizzazione di questi corsi di formazione. La qualità di ciò che essi fanno concorre grandemente non solo al buon andamento della liturgia, ma anche alla sua validità ed efficacia.Dobbiamo convincerci che è importante che i cristiani possano celebrare nella bellezza.Bellezza del canto e della musica, delle parole e dei gesti, dei luoghi, delle vesti, dell’arredamento e delle decorazioni. Le belle celebrazioni attirano e favoriscono il contatto con il Si-gnore. Quanto chiedevo ai presbiteri lo ripeto ancora: - No a liturgie raffazzonate e mediocri che allontanano i fedeli da Dio e dalla loro comunità -.
Capitolo V - Maria e l’Eucaristia
La Chiesa celebrando l’Eucaristia invoca a più riprese l’intercessione della Madre del Signore. Ad ogni messa Maria offre come membro eminente della Chiesa non solo il suo consenso nell’ora della Croce ma anche i suoi meriti e la presente intercessione materna e gloriosa. (cfr. Marialis Cultus n. 20) L’enciclica Redemptoris Mater del venerabile Giovanni Paolo II afferma che la maternità spirituale di Maria “è particolarmente avvertita e vissuta dal popolo cristiano nel sacro Convito, celebrazione liturgica del mistero della redenzione, nel quale si fa presente Cristo, il suo vero Corpo, nato da Maria Vergine” (n. 44). E così continua: « Ben a ragione la pietà del popolo cristiano ha sempre ravvisato un profondo legame tra la devozione alla Vergine Santa e il culto dell’Eucaristia: è questo un fatto rilevabile nella liturgia sia occidentale che orientale, nella tradizione delle Famiglie religiose, nella spiritualità dei movimenti contemporanei anche giovanili, nella pastorale dei Santuari mariani. Maria guida i fedeli all’Eucarestia » (RM n. 44). Questo ufficio carismatico della Madre non solo non ci allontana da Gesù ma ci guida maternamente alla comunione sacramentale con Lui come offerta di grazia per una vita cristiana di testimonianza armonica e forte. Celebriamo, viviamo l’Eucaristia entrando nel mistero con il Cuore vergine di Maria. Sia Lei, madre del Pilerio, sostegno di una fede semplice e gioiosa della presenza del Suo Figlio in mezzo a noi. A tutti la mia paterna benedizione e il mio abbraccio di pace nel Signore Gesù.

Da qui è possibile scaricare tutto il testo

giovedì 16 settembre 2010

“Convegno Pastorale diocesano: La Chiesa vive dell’Eucarestia Rende 16-17 settembre 2010”

Conv[1][1]._Pastorale_2010 2COMUNICATO STAMPA
Il Convegno Pastorale Diocesano, annuale appuntamento della Chiesa cosentina che si ritrova insieme attorno al suo Pastore, S. E. Rev.ma monsignor Salvatore Nunnari, si svolgerà come sempre presso l’auditorium “Giovanni Paolo II” presso il Seminario Cosentino di Rende giovedì 16 settembre, alle ore 18.00
In questa occasione, dove saranno presenti sacerdoti, consacrati e laici delle parrocchie della diocesi, monsignor Nunnari consegnerà la Lettera pastorale sull’eucarestia; essa sarà presentata con una relazione di S. E. monsignor Giuseppe Fiorini Morosini, vescovo di Locri-Gerace.
La lettera pastorale “L’eucarestia, Epifania di Comunione” nel corso della celebrazione eucaristica del venerdì seguente (Chiesa Parrocchiale di San Carlo Borromeo in Rende - 17 settembre - ore 18.00) sarà consegnata agli operatori pastorali che riceveranno il Mandato annuale offrirà le linee guida per il nuovo anno 2010-2011.
Sarà per la diocesi cosentina l’anno dell’Eucarestia nel corso del quale la comunità cristiana concentrerà l’attenzione su Cristo che presente nel Sacramento ma anche tutto ciò che da questo incontro scaturisce: liturgia, evangelizzazione, carità, cultura. “Questo mistero possiede in sé un dinamismo che ne fa il principio di vita nuova in noi ed è forma dell’esistenza cristiana” scriveva nell’esortazioneSacramentum Caritatis papa Benedetto XVI.
Dal 20 al 27 settembre (la tradizionale terza giornata di convegno) dedicata alla programmazione e ai laboratori pastorali, quest’anno si svolgerà per foranie. Sette incontri nei quali i parroci ed il laicato saranno coinvolti nelle scelte programmatiche per il prossimo anno che guardando al Congregsso Eucaristico Nazionale di Ancona si chiuderà con il Congresso Eucaristico Diocesano.
Nella Lettera Pastorale che sarà consegnata all’Arcidiocesi così scrive monsignor Salvatore Nunnari ai fedeli:
“L’Eucarestia-Comunione è la sintesi del mio programma pastorale, l’icona di ciò che il Signore mi chiede di fare, ma soprattutto di essere, per voi e con voi. Ripartiamo dall’Eucarestia”.
Il tema del convegno è la sintesi di ciò che la chiesa crede e vive: La chiesa vive dell’eucarestia; cioè si abbeverà a questa fonte, impara a questa scuola, contempa con speranza la reale presenza del suo Signore.
Sarà presentato un programma di massima degli appuntamenti diocesani e le Foranie (gruppi di parrocchie) stanno programmando la celebrazione del Congresso Eucaristico Foranialea livello locale.

*** Per i giornalisti****

Presso la Segreteria, attiva dalle ore 17.30 del 16 settembre, sarà disponibile una cartella con il materiale del convegno, la lettera pastorale ed altro materiale utile. Riferimeto: Ufficio Comunicazioni Sociali

MANIFESTO

Don Enzo Gabrieli
Direttore dell’Ufficio Diocesano
Comunicazioni Sociali

(il testo è anche disponibile sul sito diocesano www.diocesicosenza.it )

martedì 14 settembre 2010

Convegno Ecclesiale Diocesano (16-17 settembre 2010)

 

cosenza

Nei giorni di Giovedì 16 e Venerdì 17 settembre c.a alle ore 18,00images  presso l’Auditorium “Giovanni Paolo II” (Seminario) - Rende, avrà luogo il Convegno Diocesano, nel corso del quale sarà consegnata anche la lettera pastorale del nostro Arcivescovo,
che darà avvio alla fase di preparazione dell’anno eucaristico diocesano e al
Congresso Eucaristico Diocesano (24 settembre - 2 ottobre 2011)

sabato 4 settembre 2010

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI PER LA XXVI GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ 2011

 

"Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede" (cfr. Col 2,7)

 

Cari amici, ripenso spesso alla Giornata Mondiale della Gioventù di Sydney del 2008. Là abbiamo vissuto una grande festa della fede, durante la quale lo Spirito di Dio ha agito con forza, creando un’intensa comunione tra i partecipanti, venuti da ogni parte del mondo. Quel raduno, come i precedenti, ha portato frutti abbondanti nella vita di numerosi giovani e della Chiesa intera. Ora, il nostro sguardo si rivolge alla prossima Giornata Mondiale della Gioventù, che avrà luogo a Madrid nell’agosto 2011. Già nel 1989, qualche mese prima della storica caduta del Muro di Berlino, il pellegrinaggio dei giovani fece tappa in Spagna, a Santiago de Compostela. Adesso, in un momento in cui l’Europa ha grande bisogno di ritrovare le sue radici cristiane, ci siamo dati appuntamento a Madrid, con il tema: “Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede” (cfr Col 2,7). Vi invito pertanto a questo evento così importante per la Chiesa in Europa e per la Chiesa universale. E vorrei che tutti i giovani, sia coloro che condividono la nostra fede in Gesù Cristo, sia quanti esitano, sono dubbiosi o non credono in Lui, potessero vivere questa esperienza, che può essere decisiva per la vita: l’esperienza del Signore Gesù risorto e vivo e del suo amore per ciascuno di noi.

1. Alle sorgenti delle vostre più grandi aspirazioni

In ogni epoca, anche ai nostri giorni, numerosi giovani sentono il profondo desiderio che le relazioni tra le persone siano vissute nella verità e nella solidarietà. Molti manifestano l’aspirazione a costruire rapporti autentici di amicizia, a conoscere il vero amore, a fondare una famiglia unita, a raggiungere una stabilità personale e una reale sicurezza, che possano garantire un futuro sereno e felice. Certamente, ricordando la mia giovinezza, so che stabilità e sicurezza non sono le questioni che occupano di più la mente dei giovani. Sì, la domanda del posto di lavoro e con ciò quella di avere un terreno sicuro sotto i piedi è un problema grande e pressante, ma allo stesso tempo la gioventù rimane comunque l’età in cui si è alla ricerca della vita più grande. Se penso ai miei anni di allora: semplicemente non volevamo perderci nella normalità della vita borghese. Volevamo ciò che è grande, nuovo. Volevamo trovare la vita stessa nella sua vastità e bellezza. Certamente, ciò dipendeva anche dalla nostra situazione. Durante la dittatura nazionalsocialista e nella guerra noi siamo stati, per così dire, “rinchiusi” dal potere dominante. Quindi, volevamo uscire all’aperto per entrare nell’ampiezza delle possibilità dell’essere uomo. Ma credo che, in un certo senso, questo impulso di andare oltre all’abituale ci sia in ogni generazione. È parte dell’essere giovane desiderare qualcosa di più della quotidianità regolare di un impiego sicuro e sentire l’anelito per ciò che è realmente grande. Si tratta solo di un sogno vuoto che svanisce quando si diventa adulti? No, l’uomo è veramente creato per ciò che è grande, per l’infinito. Qualsiasi altra cosa è insufficiente. Sant’Agostino aveva ragione: il nostro cuore è inquieto sino a quando non riposa in Te. Il desiderio della vita più grande è un segno del fatto che ci ha creati Lui, che portiamo la sua “impronta”. Dio è vita, e per questo ogni creatura tende alla vita; in modo unico e speciale la persona umana, fatta ad immagine di Dio, aspira all’amore, alla gioia e alla pace. Allora comprendiamo che è un controsenso pretendere di eliminare Dio per far vivere l’uomo! Dio è la sorgente della vita; eliminarlo equivale a separarsi da questa fonte e, inevitabilmente, privarsi della pienezza e della gioia: “la creatura, infatti, senza il Creatore svanisce” (Con. Ecum. Vat. II, Cost. Gaudium et spes, 36). La cultura attuale, in alcune aree del mondo, soprattutto in Occidente, tende ad escludere Dio, o a considerare la fede come un fatto privato, senza alcuna rilevanza nella vita sociale. Mentre l’insieme dei valori che sono alla base della società proviene dal Vangelo – come il senso della dignità della persona, della solidarietà, del lavoro e della famiglia –, si constata una sorta di “eclissi di Dio”, una certa amnesia, se non un vero rifiuto del Cristianesimo e una negazione del tesoro della fede ricevuta, col rischio di perdere la propria identità profonda.

Per questo motivo, cari amici, vi invito a intensificare il vostro cammino di fede in Dio, Padre del nostro Signore Gesù Cristo. Voi siete il futuro della società e della Chiesa! Come scriveva l’apostolo Paolo ai cristiani della città di Colossi, è vitale avere delle radici, delle basi solide! E questo è particolarmente vero oggi, quando molti non hanno punti di riferimento stabili per costruire la loro vita, diventando così profondamente insicuri. Il relativismo diffuso, secondo il quale tutto si equivale e non esiste alcuna verità, né alcun punto di riferimento assoluto, non genera la vera libertà, ma instabilità, smarrimento, conformismo alle mode del momento. Voi giovani avete il diritto di ricevere dalle generazioni che vi precedono punti fermi per fare le vostre scelte e costruire la vostra vita, come una giovane pianta ha bisogno di un solido sostegno finché crescono le radici, per diventare, poi, un albero robusto, capace di portare frutto.

2. Radicati e fondati in Cristo

Per mettere in luce l’importanza della fede nella vita dei credenti, vorrei soffermarmi su ciascuno dei tre termini che san Paolo utilizza in questa sua espressione: “Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede” (cfr Col 2,7). Vi possiamo scorgere tre immagini: “radicato” evoca l’albero e le radici che lo alimentano; “fondato” si riferisce alla costruzione di una casa; “saldo” rimanda alla crescita della forza fisica o morale. Si tratta di immagini molto eloquenti. Prima di commentarle, va notato semplicemente che nel testo originale i tre termini, dal punto di vista grammaticale, sono dei passivi: ciò significa che è Cristo stesso che prende l’iniziativa di radicare, fondare e rendere saldi i credenti.

La prima immagine è quella dell’albero, fermamente piantato al suolo tramite le radici, che lo rendono stabile e lo alimentano. Senza radici, sarebbe trascinato via dal vento, e morirebbe. Quali sono le nostre radici? Naturalmente i genitori, la famiglia e la cultura del nostro Paese, che sono una componente molto importante della nostra identità. La Bibbia ne svela un’altra. Il profeta Geremia scrive: “Benedetto l’uomo che confida nel Signore e il Signore è la sua fiducia. È come un albero piantato lungo un corso d’acqua, verso la corrente stende le radici; non teme quando viene il caldo, le sue foglie rimangono verdi, nell’anno della siccità non si dà pena, non smette di produrre frutti” (Ger 17,7-8). Stendere le radici, per il profeta, significa riporre la propria fiducia in Dio. Da Lui attingiamo la nostra vita; senza di Lui non potremmo vivere veramente. “Dio ci ha donato la vita eterna e questa vita è nel suo Figlio” (1 Gv 5,11). Gesù stesso si presenta come nostra vita (cfr Gv14,6). Perciò la fede cristiana non è solo credere a delle verità, ma è anzitutto una relazione personale con Gesù Cristo, è l’incontro con il Figlio di Dio, che dà a tutta l’esistenza un dinamismo nuovo. Quando entriamo in rapporto personale con Lui, Cristo ci rivela la nostra identità, e, nella sua amicizia, la vita cresce e si realizza in pienezza. C’è un momento, da giovani, in cui ognuno di noi si domanda: che senso ha la mia vita, quale scopo, quale direzione dovrei darle? E’ una fase fondamentale, che può turbare l’animo, a volte anche a lungo. Si pensa al tipo di lavoro da intraprendere, a quali relazioni sociali stabilire, a quali affetti sviluppare… In questo contesto, ripenso alla mia giovinezza. In qualche modo ho avuto ben presto la consapevolezza che il Signore mi voleva sacerdote. Ma poi, dopo la Guerra, quando in seminario e all’università ero in cammino verso questa meta, ho dovuto riconquistare questa certezza. Ho dovuto chiedermi: è questa veramente la mia strada? È veramente questa la volontà del Signore per me? Sarò capace di rimanere fedele a Lui e di essere totalmente disponibile per Lui, al Suo servizio? Una tale decisione deve anche essere sofferta. Non può essere diversamente. Ma poi è sorta la certezza: è bene così! Sì, il Signore mi vuole, pertanto mi darà anche la forza. Nell’ascoltarLo, nell’andare insieme con Lui divento veramente me stesso. Non conta la realizzazione dei miei propri desideri, ma la Sua volontà. Così la vita diventa autentica.

Come le radici dell’albero lo tengono saldamente piantato nel terreno, così le fondamenta danno alla casa una stabilità duratura. Mediante la fede, noi siamo fondati in Cristo (cfr Col 2,7), come una casa è costruita sulle fondamenta. Nella storia sacra abbiamo numerosi esempi di santi che hanno edificato la loro vita sulla Parola di Dio. Il primo è Abramo. Il nostro padre nella fede obbedì a Dio che gli chiedeva di lasciare la casa paterna per incamminarsi verso un Paese sconosciuto. “Abramo credette a Dio e gli fu accreditato come giustizia, ed egli fu chiamato amico di Dio” (Gc 2,23). Essere fondati in Cristo significa rispondere concretamente alla chiamata di Dio, fidandosi di Lui e mettendo in pratica la sua Parola. Gesù stesso ammonisce i suoi discepoli: “Perché mi invocate: «Signore, Signore!» e non fate quello che dico?” (Lc 6,46). E, ricorrendo all’immagine della costruzione della casa, aggiunge: “Chiunque viene a me e ascolta le mie parole e le mette in pratica… è simile a un uomo che, costruendo una casa, ha scavato molto profondo e ha posto le fondamenta sulla roccia. Venuta la piena, il fiume investì quella casa, ma non riuscì a smuoverla perché era costruita bene” (Lc 6,47-48).

Cari amici, costruite la vostra casa sulla roccia, come l’uomo che “ha scavato molto profondo”. Cercate anche voi, tutti i giorni, di seguire la Parola di Cristo. Sentitelo come il vero Amico con cui condividere il cammino della vostra vita. Con Lui accanto sarete capaci di affrontare con coraggio e speranza le difficoltà, i problemi, anche le delusioni e le sconfitte. Vi vengono presentate continuamente proposte più facili, ma voi stessi vi accorgete che si rivelano ingannevoli, non vi danno serenità e gioia. Solo la Parola di Dio ci indica la via autentica, solo la fede che ci è stata trasmessa è la luce che illumina il cammino. Accogliete con gratitudine questo dono spirituale che avete ricevuto dalle vostre famiglie e impegnatevi a rispondere con responsabilità alla chiamata di Dio, diventando adulti nella fede. Non credete a coloro che vi dicono che non avete bisogno degli altri per costruire la vostra vita! Appoggiatevi, invece, alla fede dei vostri cari, alla fede della Chiesa, e ringraziate il Signore di averla ricevuta e di averla fatta vostra!

3. Saldi nella fede

Siate “radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede” (cfr Col 2,7). La Lettera da cui è tratto questo invito, è stata scritta da san Paolo per rispondere a un bisogno preciso dei cristiani della città di Colossi. Quella comunità, infatti, era minacciata dall’influsso di certe tendenze culturali dell’epoca, che distoglievano i fedeli dal Vangelo. Il nostro contesto culturale, cari giovani, ha numerose analogie con quello dei Colossesi di allora. Infatti, c’è una forte corrente di pensiero laicista che vuole emarginare Dio dalla vita delle persone e della società, prospettando e tentando di creare un “paradiso” senza di Lui. Ma l’esperienza insegna che il mondo senza Dio diventa un “inferno”: prevalgono gli egoismi, le divisioni nelle famiglie, l’odio tra le persone e tra i popoli, la mancanza di amore, di gioia e di speranza. Al contrario, là dove le persone e i popoli accolgono la presenza di Dio, lo adorano nella verità e ascoltano la sua voce, si costruisce concretamente la civiltà dell’amore, in cui ciascuno viene rispettato nella sua dignità, cresce la comunione, con i frutti che essa porta. Vi sono però dei cristiani che si lasciano sedurre dal modo di pensare laicista, oppure sono attratti da correnti religiose che allontanano dalla fede in Gesù Cristo. Altri, senza aderire a questi richiami, hanno semplicemente lasciato raffreddare la loro fede, con inevitabili conseguenze negative sul piano morale.

Ai fratelli contagiati da idee estranee al Vangelo, l’apostolo Paolo ricorda la potenza di Cristo morto e risorto. Questo mistero è il fondamento della nostra vita, il centro della fede cristiana. Tutte le filosofie che lo ignorano, considerandolo “stoltezza” (1 Cor 1,23), mostrano i loro limiti davanti alle grandi domande che abitano il cuore dell’uomo. Per questo anch’io, come Successore dell’apostolo Pietro, desidero confermarvi nella fede (cfr Lc 22,32). Noi crediamo fermamente che Gesù Cristo si è offerto sulla Croce per donarci il suo amore; nella sua passione, ha portato le nostre sofferenze, ha preso su di sé i nostri peccati, ci ha ottenuto il perdono e ci ha riconciliati con Dio Padre, aprendoci la via della vita eterna. In questo modo siamo stati liberati da ciò che più intralcia la nostra vita: la schiavitù del peccato, e possiamo amare tutti, persino i nemici, e condividere questo amore con i fratelli più poveri e in difficoltà.

Cari amici, spesso la Croce ci fa paura, perché sembra essere la negazione della vita. In realtà, è il contrario! Essa è il “sì” di Dio all’uomo, l’espressione massima del suo amore e la sorgente da cui sgorga la vita eterna. Infatti, dal cuore di Gesù aperto sulla croce è sgorgata questa vita divina, sempre disponibile per chi accetta di alzare gli occhi verso il Crocifisso. Dunque, non posso che invitarvi ad accogliere la Croce di Gesù, segno dell’amore di Dio, come fonte di vita nuova. Al di fuori di Cristo morto e risorto, non vi è salvezza! Lui solo può liberare il mondo dal male e far crescere il Regno di giustizia, di pace e di amore al quale tutti aspiriamo.

4. Credere in Gesù Cristo senza vederlo

Nel Vangelo ci viene descritta l’esperienza di fede dell’apostolo Tommaso nell’accogliere il mistero della Croce e Risurrezione di Cristo. Tommaso fa parte dei Dodici apostoli; ha seguito Gesù; è testimone diretto delle sue guarigioni, dei miracoli; ha ascoltato le sue parole; ha vissuto lo smarrimento davanti alla sua morte. La sera di Pasqua il Signore appare ai discepoli, ma Tommaso non è presente, e quando gli viene riferito che Gesù è vivo e si è mostrato, dichiara: “Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo” (Gv 20,25).

Noi pure vorremmo poter vedere Gesù, poter parlare con Lui, sentire ancora più fortemente la sua presenza. Oggi per molti, l’accesso a Gesù si è fatto difficile. Circolano così tante immagini di Gesù che si spacciano per scientifiche e Gli tolgono la sua grandezza, la singolarità della Sua persona. Pertanto, durante lunghi anni di studio e meditazione, maturò in me il pensiero di trasmettere un po’ del mio personale incontro con Gesù in un libro: quasi per aiutare a vedere, udire, toccare il Signore, nel quale Dio ci è venuto incontro per farsi conoscere. Gesù stesso, infatti, apparendo nuovamente dopo otto giorni ai discepoli, dice a Tommaso: “Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!” (Gv 20,27). Anche a noi è possibile avere un contatto sensibile con Gesù, mettere, per così dire, la mano sui segni della sua Passione, i segni del suo amore: nei Sacramenti Egli si fa particolarmente vicino a noi, si dona a noi. Cari giovani, imparate a “vedere”, a “incontrare” Gesù nell’Eucaristia, dove è presente e vicino fino a farsi cibo per il nostro cammino; nel Sacramento della Penitenza, in cui il Signore manifesta la sua misericordia nell’offrirci sempre il suo perdono. Riconoscete e servite Gesù anche nei poveri, nei malati, nei fratelli che sono in difficoltà e hanno bisogno di aiuto.

Aprite e coltivate un dialogo personale con Gesù Cristo, nella fede. Conoscetelo mediante la lettura dei Vangeli e del Catechismo della Chiesa Cattolica; entrate in colloquio con Lui nella preghiera, dategli la vostra fiducia: non la tradirà mai! “La fede è innanzitutto un’adesione personaledell’uomo a Dio; al tempo stesso ed inseparabilmente, è l’assenso libero a tutta la verità che Dio ha rivelato” (Catechismo della Chiesa Cattolica, 150). Così potrete acquisire una fede matura, solida, che non sarà fondata unicamente su un sentimento religioso o su un vago ricordo del catechismo della vostra infanzia. Potrete conoscere Dio e vivere autenticamente di Lui, come l’apostolo Tommaso, quando manifesta con forza la sua fede in Gesù: “Mio Signore e mio Dio!”.

5. Sorretti dalla fede della Chiesa, per essere testimoni

In quel momento Gesù esclama: “Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!” (Gv 20,29). Egli pensa al cammino della Chiesa, fondata sulla fede dei testimoni oculari: gli Apostoli. Comprendiamo allora che la nostra fede personale in Cristo, nata dal dialogo con Lui, è legata alla fede della Chiesa: non siamo credenti isolati, ma, mediante il Battesimo, siamo membri di questa grande famiglia, ed è la fede professata dalla Chiesa che dona sicurezza alla nostra fede personale. Il Credo che proclamiamo nella Messa domenicale ci protegge proprio dal pericolo di credere in un Dio che non è quello che Gesù ci ha rivelato: “Ogni credente è come un anello nella grande catena dei credenti. Io non posso credere senza essere sorretto dalla fede degli altri, e, con la mia fede, contribuisco a sostenere la fede degli altri” (Catechismo della Chiesa Cattolica, 166). Ringraziamo sempre il Signore per il dono della Chiesa; essa ci fa progredire con sicurezza nella fede, che ci dà la vera vita (cfr Gv 20,31).

Nella storia della Chiesa, i santi e i martiri hanno attinto dalla Croce gloriosa di Cristo la forza per essere fedeli a Dio fino al dono di se stessi; nella fede hanno trovato la forza per vincere le proprie debolezze e superare ogni avversità. Infatti, come dice l’apostolo Giovanni, “chi è che vince il mondo se non chi crede che Gesù è il Figlio di Dio?” (1 Gv 5,5). E la vittoria che nasce dalla fede è quella dell’amore. Quanti cristiani sono stati e sono una testimonianza vivente della forza della fede che si esprime nella carità: sono stati artigiani di pace, promotori di giustizia, animatori di un mondo più umano, un mondo secondo Dio; si sono impegnati nei vari ambiti della vita sociale, con  competenza e professionalità, contribuendo efficacemente al bene di tutti. La carità che scaturisce dalla fede li ha condotti ad una testimonianza molto concreta, negli atti e nelle parole: Cristo non è un bene solo per noi stessi, è il bene più prezioso che abbiamo da condividere con gli altri. Nell’era della globalizzazione, siate testimoni della speranza cristiana nel mondo intero: sono molti coloro che desiderano ricevere questa speranza! Davanti al sepolcro dell’amico Lazzaro, morto da quattro giorni, Gesù, prima di richiamarlo alla vita, disse a sua sorella Marta: “Se crederai, vedrai la gloria di Dio” (cfr Gv 11,40). Anche voi, se crederete, se saprete vivere e testimoniare la vostra fede ogni giorno, diventerete strumento per far ritrovare ad altri giovani come voi il senso e la gioia della vita, che nasce dall’incontro con Cristo!

6. Verso la Giornata Mondiale di Madrid

Cari amici, vi rinnovo l’invito a venire alla Giornata Mondiale della Gioventù a Madrid. Con gioia profonda, attendo ciascuno di voi personalmente: Cristo vuole rendervi saldi nella fede mediante la Chiesa. La scelta di credere in Cristo e di seguirlo non è facile; è ostacolata dalle nostre infedeltà personali e da tante voci che indicano vie più facili. Non lasciatevi scoraggiare, cercate piuttosto il sostegno della Comunità cristiana, il sostegno della Chiesa! Nel corso di quest’anno preparatevi intensamente all’appuntamento di Madrid con i vostri Vescovi, i vostri sacerdoti e i responsabili di pastorale giovanile nelle diocesi, nelle comunità parrocchiali, nelle associazioni e nei movimenti. La qualità del nostro incontro dipenderà soprattutto dalla preparazione spirituale, dalla preghiera, dall’ascolto comune della Parola di Dio e dal sostegno reciproco.

Cari giovani, la Chiesa conta su di voi! Ha bisogno della vostra fede viva, della vostra carità creativa e del dinamismo della vostra speranza. La vostra presenza rinnova la Chiesa, la ringiovanisce e le dona nuovo slancio. Per questo le Giornate Mondiali della Gioventù sono una grazia non solo per voi, ma per tutto il Popolo di Dio. La Chiesa in Spagna si sta preparando attivamente per accogliervi e vivere insieme l’esperienza gioiosa della fede. Ringrazio le diocesi, le parrocchie, i santuari, le comunità religiose, le associazioni e i movimenti ecclesiali, che lavorano con generosità alla preparazione di questo evento. Il Signore non mancherà di benedirli. La Vergine Maria accompagni questo cammino di preparazione. Ella, all’annuncio dell’Angelo, accolse con fede la Parola di Dio; con fede acconsentì all’opera che Dio stava compiendo in lei. Pronunciando il suo “fiat”, il suo “sì”, ricevette il dono di una carità immensa, che la spinse a donare tutta se stessa a Dio. Interceda per ciascuno e ciascuna di voi, affinché nella prossima Giornata Mondiale possiate crescere nella fede e nell’amore. Vi assicuro il mio paterno ricordo nella preghiera e vi benedico di cuore.

Dal Vaticano, 6 agosto 2010, Festa della Trasfigurazione del Signore.

BENEDICTUS PP. XVI

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