martedì 17 gennaio 2012

Il vescovo di Cosenza: "Nessun alibi per chi sbarra la strada ai giovani in politica"

Monsignor Nunnari scrive una lettera ai politici per riscoprire le ragioni dell’impegno e afferma: quanti impediscono l’entrata delle nuove generazioni si comportano da feudatari di ANDREA TORNIELLI - ROMA

Un vescovo italiano, alla guida di una diocesi del Sud, prende carta e penna e scrive una lettera pastorale «agli uomini politici di ogni schieramento, credenti e non credenti», intitolata «La politica: un servizio all’uomo». Una missiva indirizzata a parlamentari, uomini delle istituzioni, amministratori locali, scritta in «un momento difficile per il Paese, in cui si corre il rischio di smarrire la bussola nella tempesta della crisi economica che ci sta attraversando». A scriverla èl’arcivescovo di Cosenza Salvatore Nunnari. Non è un’invettiva e vuole mettere in guardia dalla tentazione dell’antipolitica di fronte al «teatrino fatto di lotte, fazioni, guerra tra posizioni» e a una politica diventata sempre più autoreferenziale.

Nunnari non intende «bacchettare» qualcuno in particolare, bensì piuttosto richiamare il senso del servizio al bene comune da parte di chi si impegna in politica. Nelle prime pagine due passaggi dedicati ai giovani e alla loro difficoltà di entrare in un mondo – quello politico – che rischia di diventare sempre più gerontocratico: «Servire vuol dire sentire sulle proprie spalle la responsabilità di dover governare, prendere decisioni secondo l’“universale” e non il “particolare”; significa soprattutto educare alla sana politica, essere d’esempio per i giovani, che devono essere messi in condizione di diventare padroni del proprio futuro. Chi sbarra il campo all’entrata delle nuove generazioni in politica si comporta da feudatario e non da uomo delle istituzioni». Un atteggiamento per il quale, spiega il vescovo di Cosenza, «non ci sono alibi».

«Il potere – scrive Nunnari – può essere vissuto in maniera perversa per arricchirsi, sfruttare, soggiogare le persone oppure al contrario, essere adoperato in modo responsabile come esercizio di amore verso coloro che si è chiamati a rappresentare. In ogni caso, il rischio di finire inghiottiti dall’ambizione è sempre in agguato. Per questo motivo occorre innanzitutto capire quali sono le motivazioni che spingono alla politica». Un cattolico in politica deve essere spinto da «l’amore per gli altri» e dal «desiderio di  dare il proprio contributo libero e trasparente alla causa del bene comune». Perché «la politica è un valore nella misura in cui essa è vissuta al servizio della persona, che è al centro di ogni attività e ne favorisce lo sviluppo in tutte le sue prerogative: materiali, intellettuali e spirituali». In caso contrario, «se la dimensione politica diventa ragion di stato sopra al cui altare si è pronti a sacrificare ogni cosa: valori, dignità, sacralità della vita e bene comune allora, essa smette di essere una missione e si trasforma in una follia».

Il vescovo mette in guardia i politici «dall’assolutizzare» la loro attività «per evitare che essa diventi mera tattica, sganciata dal raggiungimento del bene. E il bene non è mai contro la ragione così come le leggi che, chi siede in Parlamento, è chiamato a fare». Affrontando poi il problema dell’opposizione tra le indicazioni del partito e la propria coscienza cristiana, Nunnari rievoca la Nota dottrina dell’ex Sant’Uffizio pubblicata a firma dell’allora cardinale Ratzinger nel 2002, nella quale si afferma che «la coscienza cristiana ben formata non permette a nessuno di favorire con il proprio voto l’attuazione di un programma politico o di una singola legge in cui i contenuti fondamentali della fede e della morale siano sovvertiti dalla presentazione di proposte alternative o contrarie a tali contenuti».
L’arcivescovo di Cosenza insiste anche su un altro aspetto che il politico cattolico «deve tener ben presente se vuole vivere la vita buona del Vangelo: il valore dell’esempio. L’esempio, per chi riveste cariche pubbliche, è di grande importanza. La sua esistenza dovrebbe essere cristallina sempre e non sdoppiata tra moralità pubblica e privata. Ai cattolici, poi, la Chiesa chiede – aggiunge Nunnari – uno sforzo maggiore, un surplus di testimonianza; in altri termini, non basta essere onesti», è necessario «agire direttamente nelle strutture pubbliche in coerenza con la fede e la morale cristiana», con la «competenza, che nasce da preparazione professionale qualificata, aggiornata, capace di invenzione continua, una garanzia di moralità, non solo per coerenza di fede, ma per amore al Paese».

Il cristiano, spiega il vescovo, « è per vocazione segno di contraddizione. Dal non expedit alla fondazione democratica del nostro Paese i cattolici hanno dato prova di sé, sapendo mediare anche tra autonomia politica e ispirazione religiosa. Tuttavia, soprattutto oggi il rischio di cedere alle lusinghe di una mentalità mondana è altissimo. La cifra della modernità infatti è il relativismo dei valori, un esasperato individualismo delle preferenze morali, condito, a volte, da un acceso laicismo che non ha nulla a che fare con la laicità delle istituzioni così come dimostrano alcune campagne antiecclesiastiche». Nunnari precisa anche che «la diversità di appartenenza ai partiti non deve mai essere di impedimento, tra cristiani, ad una progettualità comune. Si possono avere idee differenti, ma la fede e l’amore per i poveri uniscono sempre».
Da vescovo del Sud, il pastore di Cosenza dedica diverse pagine della sua lettera alla «missione della politica sul mezzogiorno», che a suo parere è parzialmente fallita», a causa di «Mille promesse e mille tradimenti», e di una politica che a volte è stata incastrata nelle maglie della malavita «perpetrando danni nei confronti della gente del Sud».

Quando non c’è stato il dolo c’è stata la mancanza di strategia, quando c’è stata la connivenza con la criminalità è nato «il cancro che ha ammalato la nostra terra». Per invertire questa rotta c’è bisogno di ripartire con una nuova classe politica attravero «un nuovo modo di pensare, una rivoluzione culturale». E anche «un sano federalismo, fondato sul principio di sussidiarietà», che potrebbe rappresentare «un’opportunità per il Mezzogiorno a patto che esso non voglia dire abbandonare il Sud al proprio destino per far viaggiare il Paese a due velocità. La classe politica meridionale è pronta a raccogliere le sfide del futuro?»

Infine, la lettera contiene l’invito ai cittadini e alle comunità affinché non diano «la delega in bianco» ma vivano l’impegno in prima persona. Le comunità ecclesiali hanno il compito di educare e di «curare assiduamente l’educazione civica e politica per creare anche una nuova generazione di laici cristiani impegnati capaci di cercate competenze e rigore morale».

(fonte Vatican Insider)

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